Il 3 febbraio 2025 a Parigi si è tenuta la Serata dell’AMP che ha inaugurato il lavoro verso il XV congresso, che si terrà nella primavera del 2026 a Parigi sul tema “Non c’è rapporto sessuale”. Presentazione di Ricardo Seldes, direttore del XV congresso dell’AMP.
La sfida a cui siamo confrontati dall’AMP nel presentare il prossimo Congresso, il cui titolo è un aforisma, ci rimanda agli eccellenti risultati degli ultimi due. Si tratta di una breve frase che non arriva ad essere un haiku bensì una condensazione di sapere creato e pronunciato da Lacan in diverse occasioni. Lo Scilicet di prossima pubblicazione darà conto di una ventina di tali aforismi.
Possiamo considerare la possibilità di tracciare le loro origini sia nel percorso degli insegnamenti di Lacan, sia nelle costruzioni freudiane in grado di rimandarci alle conseguenze logiche derivanti dall’aforisma Non c’è rapporto sessuale,per domandarci come Lacan abbia affermato, negato e presentato l’elaborazione di Freud e la propria, concludendo in un dire preciso e sempre in movimento, messo in questione.
Un mistero generalizzato
Non c’è rapporto sessuale è un’espressione che dice di un mistero che affetta la vita di tutti i soggetti parlanti sul loro concepimento, la loro esistenza, e perché no, la loro morte.
La proposta del prossimo Congresso dell’AMP 2026 è quella di fornire gli elementi che ci aiutino a ricordare tale aforisma, per evitare di ripeterlo come un mantra, per interrogarlo, conservare le sue coordinate e trasformarlo in un work-in-progress, nel quale il suo utilizzo possa essere dimostrato o confutato nella nostra odierna pratica clinica. Siamo stati avvertiti che il riferimento al tempo presente non manca di gettarci in un paradosso, forse lo stesso di Zenone, perché nello stesso momento in cui lo rincorriamo e abbiamo bisogno di tagli logici per giungere a momenti conclusivi, siamo colpiti dalle vicissitudini alle quali ci trascina il discorso del padrone di ogni epoca. Dire trascinati può risuonare un po’ cinematografico in un’epoca in cui le serie in streaming di tipo catastrofico hanno preso il sopravvento per porre i soggetti di fronte alle evidenze nella discussione rispetto alla credenza o all’incredulità circa i cambiamenti climatici che il nostro pianeta, il nostro habitat, sta affrontando.
Il discorso analitico oggi
Per Lacan il bello e immondo mondo a cui partecipiamo sorge dall’inconscio che noi facciamo esistere nella pratica clinica. Il dire di Freud si deduce dalla logica che trae la sua fonte dai detti dell’inconscio. Mentre Freud scopriva tali detti, ex-siste ciò che Lacan ha anticipato e che colloca ne Lo Stordito, lo stabitat dei parlesseri, perché, cito: “È l’assenza di questo rapporto che li esilia in stabitat?”[1]. È attraverso il discorso analitico e nella sua esperienza che “Restituirne il dire è necessario affinché il discorso dell’analisi si costituisca (a questo io contribuisco) partendo dall’esperienza in cui si dimostra esistere”.[2] “È a labitarlo che questo rapporto può soltanto essere inter-detto?”,[3] si chiede. Il reale dell’inconscio sarà il corpo parlante.
Lacan menzionerà nello stesso testo le voracità con cui si vela l’inesistenza del rapporto sessuale per indicare che il discorso analitico intende dar conto di queste voracità. L’habitat del linguaggio offre mediante lalingua di ognuno le risorse e le difficoltà per soffrire o godere delle sessualità, per desiderarle o rifiutarle, per sognare con esse o per immergersi nei suoi recessi mortiferi. Sessualità e morte sono i due impossibili freudiani, la cui risoluzione fa appello al dominio pulsionale.
Cosa ci fornisce la clinica del primo quarto del XXI secolo ristrutturata dalle conseguenze della combinazione del discorso scientifico e del capitalista, che hanno modificato a tal punto le tradizioni, i costumi e le abitudini che in pochi anni hanno prodotto intrepidi buchi nel simbolico? Quei vuoti sono soppiantati da oggetti-organo intorno ai quali può reggersi un vincolo sgretolato nei legami, nelle coppie, nelle famiglie, dove la parola vale meno di qualunque applicazione digitale.
Abbiamo appena lavorato su Tutti sono folli, vale a dire deliranti che fa appello al sapere di ogni parlante riguardo la stessa mancanza riconducibile alla sessualità. Abbiamo così due aforismi che insieme contengono un sapere prodotto nell’esperienza analitica dove si possono trasmettere i risultati del disordine nel reale dell’epoca in cui si è costituito un nuovo ordine, con consistenza di ferro e plastica, le cui credenze possono essere interrogate da noi stessi.
Lacan ha sostenuto che il suo “n’y a pas” – mette insieme il “non c’è” e una negazione – non impedisce ai soggetti di avvicinarsi ai corpi degli altri per fare l’amore, sostenuti dai loro fantasmi, cioè nella modalità che ciascuno riesce a inventare. Si tratta di compagni-compagne, persone che si collocano da un lato o dall’ altro delle sessuazioni valide anche per coloro che si proclamano asessuati, controsesso, antisesso e delirano su vari modi di denominarsi al di fuori dalle norme. La sessualità causa problemi e offre soluzioni.
Tutti minorati dalla sessualità
Proviamo ad argomentare l’aforisma e ce ne accostiamo in modi diversi, possiamo prendere porzioni di detti, fare allusioni a casi, ricordare riferimenti, a momenti della civilizzazione in cui ciò viene messo in gioco più chiaramente. Torniamo ora alle domande che tendono ad incontrare risposte parziali a ciò che chiamiamo l’impossibile, il reale del sesso.
Vi è un’opera di Freud, nei suoi primi lavori, in cui si interrogò sull’eziologia delle psiconevrosi e collocò, con la massima attenzione, la causa sessuale come l’origine dei sintomi. Si occupò di quella che chiamava la nevrastenia definendola come di natura attuale e senza un riferimento alla natura infantile come nelle nevrosi. Senza trascurare i casi misti, li differenziò segnalando l’eccesso di soddisfazione autoerotica che poteva riscontrare nelle nevrosi attuali, mentre nelle altre, l’eziologia si riferiva invece alla ripetizione del contenimento o dell’insoddisfazione del godimento sessuale. Ricordiamo che, nella sua tesi fondamentale, l’angoscia era in generale libido deviata dalla sua meta.[4]
Freud, secondo le sue stesse parole, disponeva di un vasto archivio di casi per l’esplorazione di una possibile terapeutica e assicurò a Fliess che, in casi di eccesso di nevrastenia, sarebbe arrivato alla conclusione che non si trattava di vittime della civilizzazione o di ereditarietà ma che si aveva a che fare ” ‘sit venia verbo‘ [‘scusate per le mie parole’] – con minorati sessuali”.[5]
Utilizza l’espressione Sexualkrüppeln, dove krüppeln si riferisce agli invalidi, gli storpi. È una parola la cui etimologia arriva quasi senza mutazioni dal medio basso germanico, kröpel “il curvo”, nella sua radice protogermanica ricostruita krupilaz che significa “inclinato a strisciare”. La parola si declina anche nelle persone che hanno sviluppato un’abitudine indesiderata dalla quale non possono liberarsene, fa riferimento ad un godimento eccessivo, impossibile da cedere, che limita il legame con l’Altro. È interessante cogliere come questo articolo del 1898 abbia prodotto allo stesso Freud una sensazione di grande disagio per lo scandalo che sapeva si sarebbe prodotto, nel parlare così apertamente di masturbazione, di uomini, di donne e di coppie che si infliggevano insoddisfazioni sessuali. I vari sintomi causati da queste disfunzioni li trasformavano in Sexualkruppeln. Un lavoro che qualificò così scrisse a Fliess, come “Gartenlaube” – titolo di una rivista per la casa diventata celebre per le sue storie sentimentali – testo di Freud che, in uno stile completamente estraneo per una pubblicazione scientifica, trattava molto apertamente e in maniera spudorata un tema che, come lui stesso comprese, era destinato a provocare scandalo e non soltanto per la scienza dell’epoca. Sexualkruppeln, storpiati dalla sessualità e Gartenlauben, gloria da giardino, sono due significanti che dicono qualcosa in più sulle opere di Freud che seguiranno: Meccanismo psichico della dimenticanza, dove si riferisce al caso di Signorelli e Ricordi di copertura. Sessualità e Morte. L’Herr è nel limite del dicibile quando si tratta del suicidio di un paziente per impotenza sessuale. Herr è l’assoluto, la morte “che non si è in grado di fissare con lo sguardo”.[6]
Il sapere e le credenze
Nell’esperienza analitica si ottiene un sapere sul rapporto sessuale? Con Lacan abbiamo imparato che esiste una presunzione, che può costituirsi un sapere della verità.[7]
Quando la verità assume la forma giuridica e si domanda a qualcuno di dire tutta la verità su ciò che sa, non è già noto che si tratti di una richiesta impossibile eccetto per il fatto che si cerca di cogliere qualcosa dell’enunciazione in gioco? È la dimostrazione di una volontà di giudicare ciò che riguarda il godimento, che il godimento si confessi, proprio perché è inconfessabile. Non c’è rapporto sessuale ci confronta con l’evidenza che il godimento si interpella, si evoca, si molesta o si elabora a partire dai sembianti, il che include l’essere, il credersi essere, ma anche l’amore con le sue infinite domande. La questione si sposta su come raggiungere la verità e lo si fa per vie tortuose.
Dire Non c’è rapporto sessuale è una pura verità? E che non può essere scritta? È un assioma da cui partiamo o è un punto di arrivo per ogni analizzante che ha deciso di implicarsi nel discorso analitico? Accettiamo che il sapere abbia un valore e un prezzo, e che si debba rischiare la pelle, perché risulti meno difficile acquisirlo che goderne del suo esercizio. Forse la diffusa pratica dell’incesto, intesa oggi, generalizzando, come abuso sessuale infantile, ci illumina sulle conseguenze nei soggetti danneggiati da questa spregevole pratica.
Per Freud l’inconscio è un sapere che non si sa, ma che si può decifrare, leggere e forse la sua più grande utilità è che serve per far parlare. Forse c’è qualcosa di questo per cui si attribuisce all’inconscio delle donne che possono far parlare e ottenere da ciò il proprio godimento. Come Silvia Tendlarz ci ricorda se ciò che uno sceglie come sintomo è una donna che ci parla, si crede in lei, allora il sintomo diventa parlante e può essere ascoltato.[8]
Ci colpisce quando Lacan dice che la vita si riproduce e fa notare che la risposta è una domanda e che non c’è rapporto che sostenga la riproduzione della vita.[9] É chiaro che chiedercelo è un modo di accedere a ciò che “non c’è” nei parlesseri. L’inconscio stesso sembra essere una maniera di decifrare la non risposta, e come ci mostra la favola di Cappuccetto Rosso, la sua risposta sarà: “Per farti parlare”, maniera di denunciare il banchetto mortifero, per mangiarti meglio, per ucciderti meglio. Lacan mira a ottenere due metà che non si ingarbuglino troppo nell’atto sessuale, quando possono arrivarci, il che non è sempre possibile, a causa di quanto possa essere complicato l’accesso al corpo di una donna.
Se il corpo dei parlanti è soggetto a separarsi dai suoi organi, è per fargli incontrare una funzione indica Lacan.[10]Questo ci dà una certa vicinanza con la psicosi, anche per il fatto che un organo, quello maschile, diventi significante, diventi il fallo, per fungere da esca nella funzione che il discorso gli delega. Non c’è fallo senza un discorso che lo sostenga. E darà due caratteristiche: quella di fanera, grazie al suo aspetto di accessorio mobile che si accentua per la sua erettilità e quella di un amo per pescare tutte quelle voracità. E qui abbiamo il tratto pulsionale con il quale si copre l’inesistenza del rapporto sessuale. Quell’organo che è passato al significante perfora il luogo da cui prende effetto per il parlante. Concluderà segnalando che essere o avere il fallo è la funzione che supplisce al rapporto sessuale, [11] e da cui elaborerà le formule della sessuazione.
Si tratta dunque della questione della difesa contro il reale e del limite del dicibile. Quali credenze, quali forme assumeranno in futuro le domande sul concepimento quando, grazie all’avanzamento delle tecniche procreative, questo obiettivo si raggiungerà per vie così tanto dissimili e innovative, per realizzare il desiderio di concepire un bambino? La pratica analitica ci consente di approssimarci ai casi in cui potremmo verificare l’esistenza di miti contemporanei riguardo la venuta al mondo. Conosciamo quanto sia stato importante per Lacan che un soggetto sia stato o meno desiderato da qualcuno di quelli che si chiamano madre o padre. In che misura influenza i bambini l’uso massiccio e permanente dei gadgets che li collegano direttamente con il sapere universale, fake o vero che sia? Cosa offre agli adolescenti, e non solo a loro, il godimento diretto di scene pornografiche brutali, facilmente accessibili nei loro telefoni cellulari, così spaventosamente vicini, diretti e compagni delle crescenti solitudini? Quanto sono lontane e ingenue quelle ricerche nei libri, nelle immagini e nei dizionari di parole forti che potevano avvicinarci ai segreti immaginari delle cicogne che venivano da Parigi. Nella lingua qualcosa della verità sfugge sempre, anche quando si tratta della divulgazione dei racconti di Hans Christian Andersen.
Che tipo di sapere è la credenza che ci fa cercare la sua relazione con la convinzione, l’incredulità, il dubbio e la certezza? Abbiamo a disposizione il volume della collezione Ornicar? intitolato “Credere” dove Deborah Guterman ci ricorda che per Lacan la credenza supplisce all’assenza del rapporto sessuale e perciò maschera la morte, lavora per l’eternità.[12] In maniera esemplare François Leguil segnala che le certezze trasmesse dalla scienza non richiedono il compromesso della nostra fede, e quindi le distinguiamo dalla certezza della psicosi[13]. Lacan fa riferimento nel suo seminario Le Psicosi ad una credenza universale in Babbo Natale, che implica che il domani sarà migliore del presente. Quando consiglia di interpretare a partire dal padre il peggio non sarà più una credenza bensì una scommessa di un operatore che non si fonda sulla suggestione, ma sull’obiettivo della certezza, la localizzazione da parte del soggetto stesso della determinazione reale della sua divisione, perché è una certezza legata ad un impossibile da dire depositata nel nostro corpo.
Il sintomo come partner
Considero quindi che il punto determinante nella nostra clinica, che si basa sulle conseguenze dell’aforisma Non c’è rapporto sessuale, è ciò che J.-A. Miller ha annunciato, e dalla mia prospettiva è stata una scoperta sensazionale, la sua lettura del sintagma partner-sintomo e le enormi possibilità del suo utilizzo. La prima conseguenza è la domanda con cui ci confrontiamo oggi chiedendoci cosa implica essere lacaniani. E Miller dà una risposta semplice nella sua grande complessità: è quello di avere sempre a che fare con un problema di articolazione tra libido e simbolico.[14] I lacaniani, avanza Miller, sono implicati in questo, con la domanda:come si passa dal significante al godimento? E qui abbiamo il sintomo come ciò che serve al godimento del corpo vivente.
Se partiamo dall’antinomia tra il senso e il reale, non c’è relazione tra loro, se non per un’infrazione, quella del sintomo. E dato che Freud avvertiva che si trattava di una sostituzione di un soddisfacimento pulsionale, possiamo affermare che viene a sostituire l’oggetto, quello più conveniente alla pulsione che, sebbene cerchi i suoi oggetti nel campo dell’Altro, è sempre autoerotica. Da questo godimento, secondo Freud, ci si deve difendere perché mette in pericolo il principio dell’omeostasi.
Se l’assenza del rapporto sessuale è ciò che rende necessario il discorso, se si tratta di una velatura significante, che tipo di legame è quello tra analizzante-analista per permetterci di accedere al reale che stabilisce l’incommensurabile, l’indicibile, con cui si colloca sintomaticamente quella relazione fondata sull’amore e sul supposto sapere? Un rapporto di parole e di silenzi che lascia fuori il sessuale, anche se parliamo solo di complicanze logiche e reali di questa mancanza di rapporto.
L’amor cortese come un misterioso artificio
Il che ci conduce al dire di Lacan su come il reale a cui abbiamo fatto riferimento abbia lasciato il suo sedimento nel corso dei secoli. Fu mediante lalingua che questi marchi si sono costituiti. Per questa presentazione richiameremo un altro importante riferimento per Lacan.
L’amor cortese è l’invenzione letteraria, poetica e musicale tipica dei trovieri e dei trovatori delle corti occitane del XI secolo. La sua produzione ha introdotto importanti cambiamenti nella società nei successivi secoli. Dall’occitano Fin’amors, amore perfetto, questa letteratura, che originariamente si rivolgeva ad un pubblico di corte divenne parte della vita di tutti. Evocava allo stesso tempo la squisita cortesia e raffinatezza propria della società aristocratica, e contrariamente, una cruda maniera di utilizzare i significanti che si riferiscono all’amore proibito e nascosto, idealizzato, umiliante ed esaltante, eccessivo e poetico, erotico e spietato. È un amore che esige dall’uomo di essere amante e servile mentre la donna viene elevata alla categoria di dominante e indulgente.
I suoi effetti perdurarono un centinaio di anni. Consistono essenzialmente nello spogliare l’amore del suo contenuto sessuale, procedimento per il quale la relazione sessuale cessa di essere impossibile da essere inscritta. Se a contrario sensu, partiamo dall’affermazione che il godimento è l’ostacolo insormontabile affinché il rapporto sessuale possa inscriversi in qualche forma, ciò indicherebbe che l’amor cortese è un artificio per confrontarsi con un tale godimento. Un misterioso artificio. Lacan ha detto che l’amor cortese è l’amore “in sé” in uno stile di legame spirituale, anche se impuro. Lacan ha studiato i trovatori e ha segnalato che questo amore è sorto in un’epoca in cui “si faceva l’amore con vigore, intendo dire che non se ne faceva mistero, se ne parlava crudamente”[15]
Questo amore è così eretico come i trovatori che lo esaltavano al tempo dei Catari. Si tratta, allo stesso modo, di una posizione che rispetta i sembianti in quanto le buone maniere sono il sembiante richiesto intorno alla mancanza: non ci sono altre buone maniere se non quelle che circondano il buco, indice del reale. Non implica il sacrificio profondo del nulla che si domanda nella prova d’amore, è delicato e sottile, nonostante produca effetti reali. In questo modo condivide con il reale qualcosa della sua stoffa, l’erotomania lo dimostra.
Il segreto della sessualità
Così come esistono le parole proibite, o quelle che feriscono, che uccidono, che offendono, che irrompono come un parassita nel dire quotidiano, in espressioni contingenti che lasciano un segno di godimento, esistono anche le parole più intime, forse le più segrete, quelle che accarezzano, che seducono, quelle che sono necessarie e portano qualcuno ad ottenere il massimo del piacere sessuale. O lo impediscono.
In questa epoca del mostrare tutto, cosa rimane come segreto? Quali invenzioni sostengono la pratica del sesso, tanto che possiamo sostenere che si tratti di un segreto che vale tanto per chi la realizza quanto per chi non la realizza? Cosa aggiungeremmo, ora, riguardo alla pratica analitica con soggetti nevrotici, che come bene ha ricordato Dalila Arpin al termine del Congresso scorso, evitano l’incontro con l’Altro sesso? È ben nota la difficoltà del fobico nell’esporsi all’Altro, così come il piacere dell’isterico nel raccontare le sue avventure alle sue amiche piuttosto che viverle, per non parlare della confusione dell’ossessivo, infastidito dai suoi infiniti dubbi… In fondo, Lacan dice, l’unica stanza in cui si arriva, ma non succede nulla, dove “l’atto sessuale si presenta come una forclusione…” [16]è lo studio dell’analista.
Jean Pierre Deffieux durante la stessa tavola a conclusione del Convegno ha sottolineato quanto segue: “Oggigiorno, il fallo è sostituito sempre più spesso da oggetti di plusgodere che non evocano la detumescenza”. Miller affronta la questione in L’inconscio e il corpo parlante, attraverso l’escrescenza del porno, che pone sempre di più in gioco un godimento dell’oggetto, piuttosto che dell’organo fallico. I molteplici oggetti di plusgodere permettono di fuggire dal disagio reale dell’organo e di credere così nel rapporto sessuale. Il porno esibisce in maniera banale ed eccessiva ciò che la dignità del barocco velava, al di là delle manifestazioni di corpi che godono.[17]
Seguendo le tracce che ci hanno lasciato i trovatori incontriamo, nei testi, alcune chiavi che sono rimaste dei loro detti. Il segreto è uno di essi. La magia sarà l’altro. Perché il segreto? Il segreto è un sapere che non si espone, è un sapere sotto un velo. C’è qualcosa di segreto nella sessualità di ognuno di noi e il non c’è rapporto sessuale è segreto sia per chi lo pratica sia per chi non lo pratica. Jorge Luis Borges lo dice molto meglio di noi ne La setta della Fenice[18], mentre Lacan lo riferirà alla sua propria clinica: “E uno degli scopi del silenzio che costituisce la regola del mio ascolto è proprio quello di tacere l’amore. Non tradirò dunque i loro segreti triviali e impareggiabili”[19].
J.-A. Miller ha risvegliato il breve testo di Borges[20] per dare conto del buco che c’è in quello che solitamente si fa chiamare il sapere universale. È un racconto erudito, con molteplici riferimenti all’antichità, su una setta che ruota su un sapere cospirativo essenzialmente velato, un segreto che divide l’umanità in due classi distinte, quelli che sanno e quelli che non sanno. Come solitamente accade, il segreto per alcuni è anche il segreto per sé stessi, dice Miller. Il testo si riferisce al coito e riesce letterariamente a fare enigma, un sapere da decifrare, qualcosa che in buona parte può essere paragonato a una sessione analitica.
Si può dire che in questo testo il fatto di “natura”, l’opera della carne messa in conto di una setta si slega a spese del sembiante. Ed è la condizione umana come tale che pare straniera, enigmatica (…) (che fa pensare) come può essere che il soggetto si liberi da qualcosa di così incredibile come quello che si chiama fare l’amore”.[21] La Fenice non è che il fallo, l’atto sessuale consuma la sua sparizione e il fallo rinasce dalle sue ceneri.
In una delle conferenze tenute durante il periodo del Seminario XIX presso l’Ospedale di Sainte-Anne, Lacan si interrogava sullo stato attuale del pensiero, non gli interessava sottolineare che le cose sono sempre state uguali rispetto all’attualità, o della sua attualità, se volete. Tuttavia, in ciò che si considera usuale in ogni epoca, indicò qualcosa che si profilava sul futuro. Philippe Hellebois ci ha ricordato nella sua partecipazione, nel febbraio 2024, alla chiusura dei lavori rilanciando il prossimo Congresso, che Lacan disse che Gide voleva che l’omosessualità fosse qualcosa di normale. E nel 1972 Lacan aggiunse “c’è una moltitudine che va verso quella direzione”[22] facendo riferimento ai gruppi di potere che lottavano per i loro diritti.
Che cosa succede cinquant’anni più tardi? La normalità cambia a ritmo dei progressi tecnologici e sia dalla parte di quelli che esigono, a ragione, l’accettazione comunitaria delle proprie modalità di godere, come se il godimento fosse qualcosa di generalizzabile e non di singolare, sia dalla parte di coloro che non solo resistono ai nuovi modi evidenti di affrontare l’inesistenza del rapporto sessuale, ma li perseguitano e li vogliono punire, per poi respingere l’inconscio e il “non c’è”. Il reale del legame sociale è l’inesistenza del rapporto sessuale.
“Sono ciò che dico” può trovare forme normalizzate o cadere in incomprensioni estreme. La rivendicazione indifferenziata dei diritti merita l’opportunità di interrogare le conseguenze del non c’è impossibile, affinché i soggetti lo assumano sotto questo o quel nome. Come ha sostenuto Éric Laurent l’uso dei sembianti generalizzati indica che dobbiamo riprendere questa questione a partire dalla pulsione in gioco per interrogare l’impossibile nel sistema. Vale a dire interrogare l’euforia dell’innovazione dei sembianti dato che hanno portato una rinascita dell’establishment fondamentalista delle tradizioni, a nostro parere sempre più crudele e contagioso.[23]
Per concludere
Riprendiamo il nostro punto di partenza per interrogarci sulla differenza tra il godimento fallico che non è in relazione con l’Altro in quanto tale, e quel godimento differente sintomatico che sostiene ciò che ci viene rivelato dall’Altro. Vale a dire che il godimento pulsionale non fa rapporto e che: “Se c’è Altro a livello del godimento, solo si può ricostituire al livello del sintomo, e anch’esso si ricostituisce soltanto come sintomo”.[24] Naturalmente è necessario chiarire che l’Altro al quale ci riferiamo non è lo stesso a cui Lacan alludeva all’inizio dei suoi insegnamenti, dato che quell’Altro implicava una esclusione del godimento.
Questa prospettiva ci permette di partire dallo sviluppo delle “incomprensioni dell’Altro” per arrivare alla domanda: perché si va a parlare all’analista? Quale godimento si ottiene lì in quella coppia-sintomo, quali sono le sue caratteristiche iniziali e come la delucidazione e la trasmissione delle analisi testimoniate dalla passe ci insegnano le modalità singolari di arrivare a fine analisi?
È possibile indicare un lavoro sulle modalità di costituzione delle coppie, secondo questa proposta di J.-A. Miller, di pensarle nell’amore e nel desiderio, nell’immaginario, nel simbolico e nel reale per cercare di individuare la coppia del godimento.
Riassumendo, l’accesso all’Altro è possibile mediante il godimento, e andrà a fermarsi all’oggetto a, il che rivela del godimento del corpo proprio e abbiamo accesso a quest’ultimo tramite l’amore che lascia da parte il corpo e si aggrappa alle parole.
I due accessi valgono per entrambi i sessi, ma qui Lacan può dire che il primo vale soprattutto per il maschio, l’accesso maschile all’Altro, l’accesso attraverso il godimento; mentre dal lato della donna, l’accesso all’Altro avviene più spesso attraverso l’amore.[25]
Quest’ultimo rimane dal lato di un godimento aperto, senza limite.
La preparazione di un Congresso di Psicoanalisi ci apre porte, proprio come lo fa l’inizio di un’analisi. Ci avvaliamo dei nostri significanti, delle risorse di un sapere che abbiamo accumulato lungo questi anni di orientamento lacaniano per interrogare Freud, Lacan, le scoperte dei nostri colleghi nella pratica. Questo ci conduce a non temere le cose nuove che all’improvviso brillano nelle nostre trasmissioni. Implica affrontare pregiudizi, affinché, dopo più di un anno di ricerche e discussioni cliniche, quei bagliori di luce formino una teoria per tornare a mettersi in questione e critica in modo permanente.
Auguriamo alla nostra incipiente e transitoria organizzazione un lavoro deciso e gioioso, a tutti voi che possiate incontrare come esprimere le vostre costruzioni, i vostri ostacoli, le vostre scoperte per causare più desideri per questa meravigliosa epidemia che chiamiamo pratica analitica.
[1] Lacan, J., (1972) “Lo stordito”, Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013, p. 451. [Il corsivo è dell’autore]
[2] Ivi, p. 450.
[3] Ivi, p. 451.
[4] Freud, S., (1898) La sessualità nell’etiologia delle nevrosi, Opere, vol. II, Torino, Boringhieri, 1989, p. 406.
[5] Ivi, p. 407.
[6] Lacan, J., (1957-1958) Il Seminario, Libro V, Le formazioni dell’inconscio, Torino, Einaudi, 2004, p. 36.
[7] Cfr. Lacan, J., (1972-1973) Il Seminario, Libro XX, Ancora, Torino, Einaudi, 1983, p. 95.
[8] Cfr. Tendlarz S., El inconsciente enamorado, Buenos Aires, Grama Ediciones, 2004, p. 131.
[9] Cfr. Lacan, J., (1972) “Lo stordito”, op. cit., p. 452.
[10] Ivi.
[11] Ibidem., p. 454
[12] Cfr. Guterman-Jacquot, D, (2023), Liminaire, Ornicar?, 57, Croire, Paris, Navarin. 2023.
[13] Cfr. Leguil, F., (2023), Anatomie d’un paradoxe, Ornicar ? 57 cit.
[14] Cfr. Miller, J.-A., (1997), La teoria del partner, in “La Psicoanalisi”, n. 34, Astrolabio, Roma, 2003.
[15] Lacan J., (1959-1960), Il seminario, Libro VII, L’etica della psicoanalisi, Torino, Einaudi, 2008.
[16] Lacan J., Le Séminaire, Livre XIV, La logique du fantasme, Paris, Seuil, 2023, p. 423. [traduzione nostra]
[17] Miller, J.-A., L’inconscio e il corpo parlante in Scilicet Il corpo parlante. Sull’inconscio nel secolo XXI, pp. XXIV-XXV.
[18] Borges J. L., (1956), “La setta della fenice”, in Finzioni, Milano, Adelphi, 2003.
[19] Lacan J., (1960), “Discorso ai cattolici” in Dei Nomi-del-Padre seguito da Il trionfo della religione, Torino, Einaudi, 2006, p. 66.
[20] Miller, J.-A., (1999-2000), Les Us du Laps, seminario inedito.
[21] Miller, J.-A., (1999-2000), Les Us du Laps, seminario inedito.
[22] Lacan J., (1971-1972), … o peggio, Torino, Einaudi, 2020, p.
[23] In dialogo con J.-A. Miller, (2003-2004), Pièces detachées, seminario inedito.
[24] Miller, J.-A., (1997), “La teoria del partner”, cit
[25] Ibidem